Lettera Padre Giugno 2017

Lettera Padre Giugno 2017

Italy1.png Carissimi confratelli
 


 

SVEGLIATE IL MONDO…. DEGLI ASCRITTI
Svegliamo il mondo degli ascritti … con la melodia dell’ inno della carità!
Svegliamolo e nutriamolo, come l’angelo svegliò e nutrì il profeta Elia: “Alzati e mangia, perché è ancora lungo il tuo cammino”.(1 Re, 19, 7).
Il titolo
E’ preso dall’invito di papa Francesco “Mi attendo che svegliate il mondo perché la nota che caratterizza la vita consacrata è la profezia” nell’udienza del 29 novembre 2014 ai Superiori generali.
Nei mesi successivi per ben tre volte papa Francesco citava Rosmini, ogni volta con la qualifica di profeta, mosso dall’ amore per la Chiesa a guarirne le piaghe. Dalle parole di Francesco si intuisce che stava meditando il libro delle Cinque Piaghe. Molti altri hanno ritenuto Rosmini un “profeta”: obbediente, perseguitato, lungimirante, anticipatore di molti temi del Concilio Vaticano II.
Anche nelle Costituzioni dell’Istituto, Rosmini inserì elementi di novità profetica che progressivamente si sono realizzati o sono in via di attuazione.
Prima parte
L’unione dei buoni.
“Salutatemi Prisca e Aquila, … salutate Epeneto, .. salutate Maria..” (Rm 16, 1-27). Le persone nominate sono 29, alle quali si aggiungono gruppi familiari e gruppi di cristiani che si riuniscono nelle case dei nominati. Mi ha sempre impressionato questo elenco chilometrico dei collaboratori di san Paolo. Anche Rosmini, profeta e apostolo della carità a tutto campo, incrementa i cooperatori della verità e della carità tramite l’ascrizione.
La varietà delle persone.
La varietà delle persone di cui deve essere composta la Società della Carità è indicata nel titolo del secondo capitolo, dopo quello del fine. Presbiteri, coadiutori, sia sacerdoti che fratelli, figli adottivi (sacerdoti diocesani, religiosi, laici), ascritti (vescovi, sacerdoti diocesani, laici di ambo i sessi) formano la Società/Istituto della Carità. Anche le Suore della Provvidenza rosminiane ne condividono e ne vivono, in modo proprio, l’appartenenza carismatica. Le espressioni “Società della Carità” e “Istituto della Carità” sono da considerarsi equivalenti (Cfr. Regolamenti degli Ascritti, 2009, pag. 3). Nella Chiesa ,oggi, i Religiosi e le Religiose usano l’espressione Famiglia carismatica per indicare quanti partecipano in modo associato al carisma, e noi usiamo già da tempo l’espressione Famiglia rosminiana.
Rosmini ha previsto che chiunque fosse inviato alla Società della Carità potesse essere accolto. “Trovandosi il detto sacerdote (Rosmini sta scrivendo in terza persona) in dovere di non rifiutare, per quanto dipendeva da lui, le persone che Dio avesse mandato alla Società della Carità e che avessero potuto cooperare al suo fine, egli sentì il bisogno di distribuirle in più classi, in modo che vi fosse posto per il maggior numero possibile”. (Descrizione seconda della Società della Carità, nella sua organizzazione). (Cfr. Charitas, marzo 2017, pag. 42).
“Quello che i nostri pregiudizi culturali sentono come una datata e antidemocratica divisione in classi (presbiteri, coadiutori, figli adottivi, ascritti) nel suo ardente cuore cristiano era la massima apertura e paternità, cristiana e consacrata, tesa ad accogliere ed accomodare al banchetto della
perfezione evangelica proprio chiunque, in ogni condizione per doti, doni, specifiche vocazioni, diversi gradi di scienza e di virtù. I doni del Signore sono compiti per noi, indizi di doveri e di preziosi servizi multiformi, il cui valore non sta in essi, ma nel volerli Dio. Rispettarli era per lui rispetto di tutte le persone nelle loro individuali destinazioni, ed era obbedienza al loro Padre e Signore” (Suor Maria Michela Riva, Charitas, ivi, pag. 44).
La nostra nascita: un Istituto nuovo comprendente religiosi, sacerdoti diocesani, fedeli laici.
A Domodossola nel 1839 le prime professioni e le prime ascrizioni: “Il 25 marzo, alle sette del mattino, licenziata la gente dalla Chiesa del Crocifisso, che era festosamente addobbata, se ne chiusero le porte e vi rimasero soli i Fratelli dell’Istituto coi cinque esterni, che dovevano essere annoverati tra gli Ascritti”. Si trattava di 15 religiosi e 5 ascritti. Gli ascritti presenti erano due sacerdoti e tre laici; gli Ascritti assenti erano tre sacerdoti e due laici.
Alla stessa ora avveniva la professione di Luigi Gentili e Giovanni Battista Pagani a Spetisbury, e di altri sei religiosi a Prior Park. Gli Ascritti dunque sono parte integrante dell’Istituto fin dalla nascita dell’Istituto. (Cfr. Pagani-Rossi, Vita di A. Rosmini, vol II, pag. 2-5). A Cardiff, il 1° luglio, sarà presentato un libro sui primi rosminiani in Inghilterra, Galles e Irlanda, scritto da p. Michael Hill.
Nel 1927 nasce un Bollettino nuovo.
Quasi novanta anni dopo, il padre generale Bernardino Balsari prende atto che c’è bisogno di un passo in avanti e approva la nascita di un bollettino : CHARITAS. “Quest’opera dell’Ascrizione all’Istituto non ebbe mai grande e fattivo sviluppo, e tra gli abbastanza numerosi Ascritti mancò finora quella unità e organizzazione in un solo corpo, che è condizione e principio di vita: furono sempre individui dispersi e separati, senza che alcun sensibile legame li avvicinasse e li mettesse in comunicazione tra loro”. (…). “Si è venuti perciò nella decisione di pubblicare un modesto periodico o Bollettino degli Ascritti, che richiamasse a questi la natura e lo scopo dell’Ascrizione, e li mettesse in caritatevole comunicazione fra di loro e con l’Istituto tenendo vivo in ciascun d’essi e fra di essi lo spirito dell’Ascrizione, e aiutandoli a trovare nell’Ascrizione un vero stimolo a fare del bene e a maggiormente santificare l’anima propria nella carità, nella duplice carità di Dio e del prossimo”. Questo Bollettino “verrà a ricordarvi che a questo Istituto siete associati anche voi”. (Charitas, gennaio 2003, pag. 2-3).
Sappiamo che Charitas in questi novant’anni ha adempiuto con frutto il compito ricevuto. Nell’iter della beatificazione si è potuto notare il bene seminato nei lettori per la loro santificazione. Si è potuto anche sentire l’eco della fama di santità d Rosmini dalla corrispondenza e dalla segnalazione di grazie ricevute attribuibili all’intercessione del Padre fondatore.
Nuovo slancio di convinzione e di organizzazione per l’Ascrizione e per i Sodalizi locali.
Riguardo all’organizzazione si tratta per lo più di verificare e aggiornare la vita dei gruppi in maggiore conformità con i Regolamenti. In lingua inglese si trova l’edizione del 1992. L’edizione in lingua italiana del 2009 ha apportato leggere modifiche. Quindi è possibile continuare ad essere operativi. E’ tempo che possa nascere ancora qualcosa di nuovo. Verrà dall’ispirazione dello Spirito Santo e dalla carità che urge nel nostro cuore e in quello degli ascritti. Però diciamocelo con forza: “In alto i nostri cuori! Sono rivolti e consacrati al Signore!”.
I Sodalizi
Sono una modalità adeguata dell’Ascrizione, prevista dal Padre fondatore tramite i Sodalizi.
“ Uno di questi Sodalizi, indicato e proposto dalle Costituzioni dell’Ascrizione, è quello dell’ORATORIO. Gli altri non sono predeterminati, e la ragione è che, essendo vari i bisogni dei fedeli e delle Diocesi, e vari gli spiriti, si desidera che i Sodalizi vengano formandosi da se stessi, nei vari luoghi, opportunamente adatti alle circostanze ed all’istinto dello Spirito Santo, che muove gli Ascritti piuttosto a queste che a quelle opere caritatevoli. Alla formazione di un Sodalizio non si esige altro che questo: gli Ascritti che vogliano unirsi a formarlo, stendano le proprie costituzioni e le trasmettano al Preposito Generale. Questi, con suo decreto, erige il sodalizio, approvandole”. ((EC. VIII, 514).
Ecco che cosa si può promuovere nell’Ascrizione. Non si tratta di distintivi o di riconoscimenti, ma di favorire lo sviluppo opportuno: un modo di essere genera un modo di agire corrispondente. L’ascrizione si può esplicitare e attuare operativamente a livello locale. A questa realtà compete un nome proprio rosminiano: un Sodalizio.
L’ascrizione può generare i Sodalizi, anzi, se non ne facesse nascere si priverebbe di possibilità concrete per esprimere al massimo le proprie potenzialità, e di raggiungere pienamente il suo fine. Così infatti scrive il Padre fondatore:
“Quando l’Ascrizione generale sarà organizzata, e cominceranno a nascer nel suo seno i Sodalizi, allora se ne vedrà il gran bene. L’Ascrizione generale è più passiva che attiva, tendendo a coltivare la devozione, la pietà, e soprattutto la purità di coscienza. I Sodalizi, invece, sono attivi, sono le mani infaticabili con le quali l’Ascrizione eserciterà la sua carità verso il prossimo. Ma perché tutto questo bene riesca, è necessario che il centro dell’Ascrizione, l’Istituto religioso – di cui l’Ascrizione è un certo complemento – sia forte in santità e sapienza di governo, che viene comunicata dallo Spirito del Signore nostro”. (EC. VII,539).
Attualmente esiste il “Sodalizio degli Ascritti Consacrati dell’Istituto della Carità” approvato, ad experimentum, unitamente ai Regolamenti nel 2009. La loro Regola vi è indicata in cinque paragrafi. Tuttavia non ha le caratteristiche di un Sodalizio locale, come emerge nel passo citato sopra del Padre Fondatore. Alla Sacra di San Michele, nel 1846, era stato istituito il “Sodalizio dei Missionari dell’Istituto della Carità”, d’accordo con il Vescovo di Susa. Era formato da religiosi rosminiani e sacerdoti diocesani ascritti.
E’ bene dare la necessaria attenzione alle parole di Rosmini citate sopra. Risulta utile focalizzare il suo pensiero su due espressioni chiare: i Sodalizi, rispetto all’Ascrizione, sono come le mani rispetto al braccio. Inoltre essi si vengono formando nei vari luoghi sotto l’impulso dello Spirito Santo in risposta alle circostanze nelle quali si manifestano i bisogni dei fedeli e le sensibilità degli Ascritti. Hanno bisogno dell’approvazione del Padre Generale. Su questo binario il cammino può essere aperto.
C’è un elemento che non deve sfuggire. “Quando l’Ascrizione generale sarà organizzata, e cominceranno a nascer nel suo seno i Sodalizi, allora se ne vedrà il gran bene”. Non possiamo dire che siamo giunti all’organizzazione prevista. Si deve desiderarla e promuoverla. Qualcuno potrebbe dire che è una delle tante necessità della vita dell’Istituto, e questo è vero. Tuttavia non è opportuno rinunciare a quel “gran bene”. Abbiamo delle possibilità.
Un esempio.
Nel 2008 un sacerdote diocesano, all’età di 86 anni, fondava un “Circolo Culturale Antonio Rosmini”. Diversi tra gli aderenti approfondivano la spiritualità rosminiana, frequentavano ripetutamente le Comunità di Rovereto, Calvario e Stresa, partecipavano alle iniziative e agli eventi, agli Esercizi spirituali e diventavano Ascritti alla Casa del Calvario. Costituiscono una Sezione del Circolo. Consultando i “Quaderni rosminiani” periodici si nota la profonda conoscenza della spiritualità rosminiana, la vita ecclesiale dei soci, inseriti nella vita della Chiesa universale e in quella locale, l’attenzione particolare alla carità intellettuale in relazione con le problematiche del territorio. E’ doveroso riconoscere e coltivare adeguatamente la pianta cresciuta in questo breve periodo.
II parte
Interrogativi e sfide.
Quali sono le convinzioni che formano un vero cristiano e un vero rosminiano? Quale nucleo diventa così potente nel cuore di un santo, di un fondatore, tale da attrarre centinaia di fratelli? Quali affetti spirituali affratellano i membri delle comunità religiose? Quale ordine regna tra persone così diverse negli Istituti religiosi? Come si forma un pensare in grande rosminiano? E un cuore largo? Chi è il cristiano secondo Rosmini? Su quale fondamento possiamo appoggiarci, che faccia da trampolino da cui ricevere la spinta a vivere e promuovere l’ascrizione?
Il fondamento rosminiano della spinta a vivere e promuovere l’ascrizione.
Questa parte espone alcuni elementi della struttura relazionale del cristiano e della natura associativa universale della Chiesa, e dunque dell’Istituto. Mi pare di poter indicare con vantaggio quanto Rosmini ha pubblicato nel saggio “Degli studi dell’Autore”, che è ritenuto molto significativo, una sintesi culminante del suo percorso. Il professore Ottonello lo definisce: “La sua autobiografia filosofica e il manifesto programmatico, dotato di eccezionale conciso nitore”. A ben rifletterci ci si accorge della “autorevolezza” cioè della originalità della sua proposta di una carità integrale, triniforme, sviluppata nella Chiesa, per l’umanità. I brani riportati qui siano meditati bene. Sono una briciola come dimensione, ma di grandissima potenza, paragonabile alle pagine delle Massime di perfezione.
Tre grandi suggerimenti di Rosmini e tre immagini affascinanti: il cocchio, l’astro, il grappolo.
La possibilità di influsso benefico di una persona si esplica in molte maniere. Gesù sceglie tre modi: Egli è Via, Verità e Vita del cristiano. Rosmini trae un grande impulso dalle parole del Maestro e le applica a noi. La vita divina passa da Gesù a noi; il fuoco dal Roveto ardente giunge a noi resi luce del mondo. “Quelli che credono in lui e a lui, si trasformano, per così dire, in altrettanti Cristi: perché il Verbo anche in essi è via, manifestando ciò che si deve operare, ed è verità, dando loro valore di operarlo. Ed è poi anche vita”. (Introduzione alla Filosofia, Degli studi dell’autore, n. 99).
a) Il cocchio e il suo auriga per un viaggio singolare e meraviglioso.
L’immagine della via era eloquente anche al suo tempo, come lo è oggi. Era rientrato da poco tempo a Stresa dopo i viaggi a Roma e in altre località nel 1848-49. Le immagini delle vicende dei viaggi in carrozza erano ancora ben vive nella sua memoria. Rosmini immagina, per guidare l’uomo sulla via retta, qualcosa di ancora molto migliore delle redini esterne: redini interiori, in abitazione: il Verbo , luce dell’anima, prende in mano le potenze dell’uomo nel loro stesso interno.
“Gesù maestro in un modo del tutto singolare e meraviglioso ha la potestà di entrare e quasi assidersi nell’anima stessa del discepolo, e quivi, come un auriga dal cocchio, guidarne tutte le potenze, ed anzi di più, del suo proprio spirito animarle”(ivi, n. 101).
Ecco una giaculatoria pregnante: “Prendi tu la guida delle mie potenze, mio capo, o mia vita, o mio Dio” (2 febbraio 1851). Preghiamo volentieri con questa giaculatoria del Padre Fondatore. E’ un’eco del “Discorso sugli studi dell’autore” che Rosmini aveva appena consegnato per la stampa.
b) Il cristiano attrae, come un astro.
La presenza di Gesù via, verità e vita nei credenti produce due effetti lieti per tutta l’umanità.
“Essa s’organizza in un sol corpo, con un solo capo divino, e così rimane soddisfatto il profondo e misterioso desiderio di unificazione del genere umano. Inoltre ogni individuo, essendo in lui Cristo, riceve la dignità di un cotal fine dell’universo, costituisce quasi un centro suo proprio, che esercita su tutti gli altri, disseminati nell’immensità dello spazio celeste, come credono gli astronomi, la sua attrazione”(ivi, n. 102).
E’ un’immagine quanto mai attuale se affiancata con quella di papa Francesco, riguardo alla Chiesa, che deve evangelizzare per attrazione.
“O mio Dio fa’ in modo che mia limitazione non si trovi mai in opposizione alla tua infinita essenza” (13 dicembre 1852). Rosmini qui prega per non opporsi all’attrazione divina che lo mantiene nella sua orbita.
c) Gli uomini formano un grappolo col Verbo divino.
Se nella prima immagine si coglie un messaggio nella dimensione della concentrazione, nella seconda è visto come forza centripeta di attrazione, nella terza prevale l’idea della forza centrifuga, di espansione. Questa terza immagine ci apre la mente sulla carità universale. La carità ha in sé lo spirito di proselitismo, o, in altre parole, il principio di associazione. “Quello che noi abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi” (1 Gv, 1,3).
Il Verbo divino associa gli uomini e perciò
“Gli uomini congiunti col Verbo rassomigliano quasi ad un grappolo d’uva, in cui tutti gli acini uniti allo stesso racemo s’attengono, succhiandone, con l’umore, la vita. Ora la stessa cosa è a dirsi della carità”. “La carità è unione per sua natura, unione la più perfetta e sublime, che può in qualche modo dirsi unificazione.. nessuna meraviglia dunque che tosto
introdotta nel mondo la carità, l’umanità sentisse un insolito bisogno di associarsi e incominciasse in essa un movimento, un lavoro tendente a produrre sempre nuove, ora meno , ora più perfette associazioni”. (..). La società più grande è la Chiesa cattolica, cioè universale. I pastori sono contemporaneamente maestri e sacerdoti perché la verità e la carità è l’identico bene divino sotto due forme”. (ivi, n.107).
Ogni cristiano ha il suo lume di verità e il suo fuoco di carità.
Questo binomio fu il motto del 1997, Bicentenario della nascita di Antonio Rosmini. E’ opportuno riprenderlo anche ora, dopo altri 20 anni.
E’ preso da una pagina che meriterebbe di essere citata per intero, perché davanti alle affermazioni di Rosmini non rimanga dubbio alcuno sulla necessità di riconoscere il diritto della partecipazione di tutti alla vita della Chiesa. Altrettanto si deve affermare circa la possibilità di partecipare alla vita di quegli Istituti religiosi che intendono comunicare i beni spirituali annessi al proprio carisma. Il nostro la fa, dal primo giorno, con l’ascrizione.
Ecco una sintesi della visione rosminiana: a) il cristiano, b) le associazioni cristiane, c) la persona, la famiglia, la società civile.
a). “In ogni discepolo dimora il Verbo e vi effonde il suo Spirito, di maniera che, come abbiamo detto, ciascuno è un cotal centro e fine del tutto, benché sia anche membro, maggiore o minore, che esercita una funzione più o meno importante, del corpo di cui Cristo è il capo. Ciascuno dunque ha il suo lume di verità, e ciascuno ha il suo fuoco di carità: non v’ha neppure il minimo cristiano che si tenga nella grazia, il quale non l’abbia.
b). Quindi ciascuno e si attiene più che mai stretto all’associazione grande essenziale e fondamentale della Chiesa, e ha in sé il principio e l’inclinazione ad altre associazioni benefiche: e più o meno v’inclina, secondo che più o meno coopera alla carità, e più o meno questa, per le cognizioni esteriori e per i doni, in lui si esplica. Di qui tutte quelle associazioni religiose le quali si propongono di esercitare con più d’attività e d’estensione e di ordine, la carità e la beneficenza verso il prossimo. Queste non sono, come appare chiaro, che propaggini delle verità e della carità, radici sempre feconde e conseguenze naturali e necessarie della Scuola di Dio fatto maestro e redentore degli uomini, che è la sua chiesa. Perché la carità può essere esercitata da ogni individuo, ma con più frutto da una collezione di individui associati, cospiranti tutti d’accordo, come un cotale esercito pacifico ben ordinato, istrutto e disciplinato nello stesso esercizio. E veramente chi ama una cosa, la ama tutta e non una parte. Come la verità di cui parliamo non ha confini, così a carità pure è di sua natura infinita, né può mai dire: basta, senza ripugnare a sé medesima. Tende dunque al sommo, a fare tutto il bene che può. (..).
La carità è un amore per il quale l’uomo, dimenticando se stesso per i suoi simili, non cerca altro diletto per se che quello di procurare loro ogni bene, con ogni suo studio, fatica e patimento, sia questo bene corporale, intellettuale e morale, ordinando i due primi all’ultimo, che è il fine degli altri. I tre quali sommi generi di carità, se si considerano
attentamente, ritornano alle tre forme dell’essere, la reale, l’ideale, la morale; e spettano a quelle tre categorie supreme in cui si riassumono tutte le cose concepibili dalla mente, le quali si fondano nelle tre forme primordiali dell’essere. Quindi si vede che l’ultimo intento della carità è di fare che gli uomini tutti partecipino dell’essere al maggior grado, e in tute e tre le sue forme.(ivi, n.108).
c). Come poi la carità è esercitata dai discepoli o separati, o uniti in società, così ella è esercitata a favore degli individui e a favore di società. Quantunque il termine umano della carità sia sempre l’individuo; che le società stesse hanno condizioni di mezzo e non di fini, non potendo esse aver altro fine che il bene degli individui associati, o di altri. Quindi nella carità v’ha il principio immortale della riforma non solo della Chiesa, ma anche della società domestica, e della società civile. Anche la famiglia e la nazione partecipano di quella immortalità che la sapienza cristiana comunica a tutte le cose che ella tocca. (ivi, n. 109).
Ma la carità non si ferma nell’uomo, ma termina in Dio, perché ella ama gli uomini o perché partecipano della natura divina o perché ne possono partecipare.
Preghiera: “Padre, ti domando il tuo divino Figlio e il tuo Spirito” (2 febbraio 1851).
Terza parte
Il nostro Istituto è strutturato in simmetria e corrispondenza con la Chiesa; ogni religioso è “un altro Cristo”. “Orientare i pensieri e gli affetti e le azioni all’incremento della gloria della Chiesa di Gesù Cristo” e non promuovere le Vocazioni e l’Ascrizione sarebbe una contraddizione. “Chi ama una cosa la ama tutta”, cioè tutta intera e tutte le parti, ordinatamente. Chi cerca i mezzi, comincia ad utilizzare quelli che ha già a disposizione. L’Istituto è un mezzo per la santificazione e dunque anche l’Ascrizione lo è.
Ascritti preziosi.
Ritengo utile segnalare alcune esperienze, non per lodare il passato, ma per dimostrare che se nel passato è stato possibile risvegliare le volontà per fare del bene è possibile anche ora. Abbiamo avuto il dono di molti ascritti, in maggioranza donne, che hanno coltivato le virtù cristiane e hanno collaborato con noi nelle attività pastorali. La crescita culturale e spirituale è stata favorita da incontri periodici, ai quali si aggiungevano conferenze tenute da esperti della spiritualità rosminiana aperte ad altri amici e simpatizzanti dell’ambiente circostante. In alcuni casi la partecipazione diventava un’opera di volontariato generoso e qualificato.
Abbiamo avuto occasione di vivere a contatto con molti ascritti partecipando agli incontri mensili di vari gruppi distinti. Tra le cose più belle ricordo la partecipazione alle Settimane rosminiane di Febbraio, in corrispondenza della Festa della Cella e nel cammino di sette anni che portarono alla Beatificazione. In una riunione era tale l’armonia che notavo tra i membri del gruppo, che si distribuivano fraternamente i compiti di raggiungere le diverse e numerose parrocchie, che io contemplavo beato la loro unione operativa per aiutarsi a raggiungere tutte le parrocchie.
Ricorderò sempre quella mezz’ora beata nella quale, grazie alla comunicazione reciproca delle conoscenze, alla disponibilità di ciascuno, alla capacità organizzativa, tutto il lavoro di visita a tutti i parroci di un decanato fu predisposto in modo capillare e tempestivo.
Segnalo le donazioni generose all’Istituto, provenienti da raccolte promosse dagli Ascritti o da destinazioni testamentarie, per le opere di tutte le Province. Le prove di carità spirituale, intellettuale e materiale che gli ascritti prestano ai religiosi sono tante! L’Istituto raddoppia la sua carità in tutte le forme, se promoviamo anche gli Ascritti.
Nelle mie visite alle nostre Comunità ho lodato il Signore per il dono degli Ascritti e ho tratto motivo per incoraggiare a guardare avanti con rinnovata fiducia, sia nelle tre Province dove sono presenti da molti anni, che nelle Province di recente costituzione. Desidero che dove gli Ascritti sono operanti venga data loro, anche da parte mia, a nome dell’Istituto, l’attestazione della riconoscenza, della stima e l’invito a perseverare e attrarre altri.
Per rafforzare la stima della spiritualità rosminiana tramite l’Ascrizione è bene riferirsi anche alla figura di Angelina Lanza. La sua testimonianza è inserita, come Rosmini, nientemeno che nel grandioso Nuovo Dizionario di Mistica. L’ unione con Cristo, nutrita con la vita sacramentale assidua, le aprì l’anima alla virtù e ad esperienze spirituali speciali, vissute nella normalità della giornata. Era una donna di vasta cultura, ma con tutti i compiti della gestione familiare, il dolore per la morte di due figlie giovanissime, l’incomprensione del marito agnostico. Poté contare sulla direzione spirituale di padre Giuseppe Bozzetti. Collaboratrice di Charitas, scrisse pagine spirituali di grande valore, praticando le virtù nascoste, le ultime delle quali sono adorare, tacere, godere.
Suggerimenti.
Spero di avere tracciato delle linee dalle quali emerga la convinzione del “gran bene” che può fare l’Ascrizione, anche con i Sodalizi. Chi ne dubitasse starebbe dubitando di Rosmini, non di me.
E’ vero che la cura dell’ascrizione è stata lacunosa e parziale, anche da parte mia. Inoltre, le Suore della Provvidenza sono state invitate ad occuparsi degli Ascritti solo recentemente. Il Signore però continua a mandare dei segni per essere strumenti diffusori dei suoi doni: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). Questa sua parola vale sempre. Il fuoco della carità “riversato nei nostri cuori” chiede di espandersi.
I nostri tempi non sembrano a prima vista favorevoli per una nuova primavera dell’ascrizione, ma non per questo si deve rinunciare in anticipo. Mettiamo una buona dose di resilienza anche in questo campo!
Un elemento di stimolo può essere dato dalla possibilità concreta di evitare errori o limiti che hanno impedito un maggiore impegno nel passato. Dall’esperienza si trae l’insegnamento ad utilizzare nuove vie, profeticamente. Si tratta di essere attenti a discernere: “Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono” (1 Ts 5, 19-21).
La promozione vocazionale rosminiana riguardo a possibili Rosminiani, Rosminiane, Ascritti.
C’è un invito esplicito di dedicare attenzione a questo. Il prossimo Sinodo, la cui preparazione è iniziata – e si sollecitano contributi anche da qualsiasi fedele e dai gruppi – avrà questo titolo: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Curiamo quindi anche il discernimento vocazionale all’ascrizione.
Le vocazioni ci sono ancora, anche in Italia. Anche se non le potessimo riunire presto insieme, le possiamo coltivare. I mezzi si trovano, quando si vuole veramente. Una parte del mio tempo è dedicata anche a coltivare germogli di vocazione, e a sostenere altri nel cammino intrapreso.
Padre David Kinnear Glenday, già superiore generale dei Comboniani e attuale segretario della Unione Superiori Generali scrive: “Ho concepito il desiderio di diventare sacerdote missionario dacché ho memoria, non ricordo un tempo in cui non lo volessi essere. A otto anni ho preso il giornale cattolico della mia città, dove c’erano informazioni vocazionali. La stessa domenica ho scritto una lettera ai Comboniani e il martedì ho ricevuto la risposta da Londra, che dista cinquecento miglia. Per qualche anno partivano in macchina da Londra per venire a trovare me a Dundee”. (Viaggio nella Vita religiosa, LEV. Riccardo Benotti).
Anche chi non è giovane può attrarre alla gioia del Vangelo. E’ un messaggio sempre nuovo. Per qualsiasi prodotto che acquistiamo, se per quanto riguarda la sicurezza la nostra attenzione va alla data di scadenza, per quanto riguarda la qualità si guarda alla data di fondazione della casa produttrice. Quanto più è lontana nel tempo, tanto più è evidenziata come garanzia di esperienza e di eccellenza! Coraggio, l’età di una persona o di un Istituto è un appoggio, come il sostegno robusto e ben piantato lo è per la giovane pianta della vite. Non lasciamoci rubare la solidità della Società della Carità!
Cura attenta e perseverante.
Quante vocazioni sono state curate poco! Un cristiano cosciente in più, un religioso, una religiosa, un ascritto in più sono un diamante, una perla preziosa in più! Vale la pena dare qualcosa in cambio. “Occorre il coraggio di seminare dovunque, nel cuore di chiunque, senza alcuna preferenza o eccezione” (Nuove vocazioni per una nuova Europa, parte quarta, pedagogia della vocazioni, 1997).
“Che nessuno, per colpa nostra, ignori ciò che deve sapere, per orientare, in senso diverso e migliore, la propria vita” (ivi, Beato Paolo VI) .
Conclusione orante
La discendenza di chi ha fede.
Dio disse ad Abramo: “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle” e soggiunse: “Tale sarà la tua discendenza” (Gen 15,5).
Sei stelle rosminiane.
Nei nostri ambienti è frequente incontrare, oltre allo stemma del pellicano, che è quello ufficiale dell’Istituto, anche lo stemma della famiglia Rosmini. Ha sei stelle dorate e lucenti, e un motto che invita a guardare in alto: “Brillano nelle tenebre”. Dio ha dato una discendenza spirituale sestupla a Rosmini, che siamo noi tutti insieme nella Famiglia rosminiana: presbiteri, coadiutori, fratelli, suore, figli adottivi, ascritti. Preghiamo per le vocazioni rosminiane nella Chiesa.
Sei preghiere di Rosmini pensando a noi, perché possiamo essere sempre “una cosa sola”.
Dammi forza, mio Dio – Dà loro forza, mio Dio.(13 Ottobre 1832)
Fa’, o Signore, che io me l’intenda con tutti i buoni: che ce l’intendiamo insieme; che ci troviamo in te; si conoscano i nostri cuori in te, o Signore, dove pur sono. (12 Novembre 1845).
Voi che mi avete date le vostre parole, oh rendetele efficaci in me e nei miei. (24 Novembre 1845).
Che questi siano servi tuoi, come tu sei servo del Padre. (3 Settembre 1846).
Mandaci i tuoi eroi, oh, mandaci i tuoi eroi. (3 Dicembre 1846).
Fa’, o mio Dio, ch’io sia d’accordo con tutti quelli coi quali tu sai ch’io sono d’accordo. (13 Dicembre 1852).
Nel 220° anniversario del Battesimo di Antonio Rosmini, 178° delle prime Professioni e delle prime Ascrizioni.
Roma, 25 marzo 2017
Padre Vito Nardin
Preposito generale
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