Lettera Padre 25 Marzo 2014

Lettera Padre 25 Marzo 2014

Italy1.png Carissimi confratelli
 


 

 

Carissimi confratelli,

            vi auguro ogni bene nel giorno dell’Annunciazione del Signore, in Lui che si fa minimo, nove mesi prima di nascere nel grembo di Maria per la nostra salvezza. Che il suo <<ecco io vengo per fare la Tua volontà>> e il <<sì>> di Maria alla chiamata di Dio sia anche il nostro nella risposta alla vocazione.

Con questa lettera intendo sviluppare i temi delle tre precedenti.

            La prima, esattamente un anno fa, responsabilizzava ciascuno di noi riguardo al proprio dovere (n. 1056 delle Costituzioni).

            La seconda, il 1° luglio, era un’eco all’ultima lettera del Padre Fondatore, il suo testamento spirituale sulla carità fraterna.

            La terza è stata quella natalizia: “giovare” seguendo le indicazioni della Provvidenza nell’esercizio delle tre forme della carità, alla luce dell’esortazione del Papa.

            Anche questa mia quarta lettera porta la data del 25 marzo. E’ una data importante per noi, perché, oltre al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio nel grembo di Maria, ricorda il Battesimo del Padre Fondatore nel 1797 e la nascita “ufficiale” dell’Istituto con i Voti di Rosmini e dei suoi confratelli, il 25 marzo 1839 a Domodossola e in Inghilterra (cfr. Charitas, marzo 2013; alle pagg. 40 – 46 è riportata la cronaca, minuto per minuto, scritta da padre Francesco Puecher).

            In questo 175° compleanno dell’Istituto, 1839 – 2014, contempliamolo bene, per capire da Chi è nato e che cosa deve fare: è generato dalla Carità per la carità universale.  

           A questo proposito viene utilissima la breve lettera che riporto. Dalle sue righe sprizza la luce chiara della visione del fine e l’indicazione dei mezzi. Emana la gioia della recente approvazione pontificia dell’Istituto e dei voti emessi da pochi mesi.

            Un abate e i suoi compagni mostrano interesse ad entrare nell’Istituto. Rosmini risponde in modo estremamente sintetico, ma completo. A queste persone già informate sulla vita religiosa in generale, Rosmini presenta il profilo dell’Istituto in modo inequivocabile.

All’abate J.Le Boucheroy

            Molto reverendo signor abate, credo che il libretto delle Massime[1] sia sufficiente perché possiate acquistare un concetto di un Istituto che è tutto spirituale e avente per fine speciale la perfezione dei suoi membri. L’Istituto domanda ai postulanti: 1° carità universale; 2° indifferenza a tutti luoghi e a tutti i ministeri ingiunti dai superiori; 3° obbedienza perfetta. Se voi e i vostri compagni bramate di aggregarvi all’Istituto, è necessario che entriate nella Casa del Noviziato, che presentemente si trova al sacro Monte Calvario di Domodossola. Un sacrificio completo di se stessi al Signore è la condizione indispensabile per riuscire. Nessun’altra patria che la Chiesa di Gesù Cristo, nessun altro affetto che quello del prossimo in tutte le nazioni ugualmente, nessun altro desiderio che quello dei Superiori, nessun altro bene che Dio e la perfezione delle virtù evangeliche, nelle quali si piace a Dio. Dalla Provvidenza sola del Signore aspettiamo di essere inviati più tosto all’oriente che all’occidente, piuttosto a mezzogiorno che a settentrione; ovvero di essere tenuti occulti nelle nostre pie dimore per attendere alla preghiera e allo studio. E della Provvidenza e volontà di Dio, nessun altro interprete riconosciamo che il Superiore, cosa indispensabile pel mantenimento dell’ordine e per l’esercizio della umiltà e della annegazione. Se il Signore vi chiama, venite e sarete accettato. Venendo poi, recate con voi tutti gli attestati e lettere commendatizie, colle quali possiate dare al Superiore le notizie occorrenti. Pregate per me e credetemi di tutto cuore nel Signore vostro R. p.

                                                                       Stresa, 23 luglio 1839.

            Cari confratelli, questa sintesi rimane attuale in tutti i suoi aspetti, ed è vincolante per tutti noi rosminiani di oggi. Non può esserci tra noi qualcuno che non la condivida. Non siamo perfetti, ma il desiderio della perfezione ci deve accompagnare in ciascuna delle nostre giornate su queste direttive e non su altre.

            E’ bene evidenziare due aspetti principali indicati da Rosmini: l’universalità e l’unità. L’universalità è espressa nei numeri 1° e 2°: l’unità nel n. 3°. Il tutto viene ripreso e sviluppato nella parte esplicativa che segue i tre punti citati.

            La Carità universale si diffonde sulle ali dell’indifferenza ai luoghi e agli incarichi, senza confini né limiti. A sua volta, con l’obbedienza volontaria e concorde dei religiosi si ottiene l’unità ordinata della sua triplice attuazione.

            Per quanto riguarda l’universalità, è opportuno ricordare che si fonda sulle parole di san Paolo: “Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal, 3, 28).

            Si potrebbe ben dire che si è cristiani se si è anche universali. Altrettanto, per noi rosminiani, tanta è l’importanza che Rosmini assegna a questa identificazione in Cristo. Rivestirsi di Cristo significa essere universali, liberati, fratelli. L’innesto sacramentale battesimale nella Chiesa, suo corpo, dà inizio ad una vita conforme alla Sua, comunicante la linfa eucaristica a noi, come la vite ai tralci potati e fruttuosi. Se Gesù ha messo tutti nel suo cuore dando il suo sangue, nessuno può essere nel Suo amore escludendo qualcuno dal cuore di Gesù e dal proprio.

            Per questo la vita consacrata nell’Istituto, tramite un <<sacrificio completo di se stesso>>, costituisce un’appartenenza speciale che supera addirittura la comprensione, come le dimensioni della carità di Cristo.

            Infatti Rosmini, nel Discorso IV sulla Carità, imita san Paolo che si mette in ginocchio (Ef 3, 14) per invocare a nostro favore di poter “conoscere l’amore di Cristo, che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio. (Ef 3,19).

            Forti di questo fondamento ci domandiamo: come vivere uniti la carità universale oggi?

            E’ lecito pensare che l’Istituto sia tuttora nelle condizioni di poter corrispondere alle aspettative della Provvidenza indicate da Rosmini, altrimenti, invece di potarlo e curarlo, l’avrebbe già tagliato.

            La fiducia non viene dal nostro numero, perché non siamo tanti, né dalle risorse economiche. Viene e può venire solo dalla pratica di questi valori e virtù che Rosmini elenca all’abate. Qui ci sono il fine, gli strumenti, l’ordine, l’efficacia, l’energia, l’armonia per la realizzazione dell’Istituto. Ci sono rosminiani che vogliono vivere così?

            Le tre visite effettuate nelle Province dell’India, Gentili, East Africa mi hanno fornito elementi per non indulgere alla sfiducia. Anche riguardo ai confratelli delle altre aree credo che si possa dire la stessa cosa. E’ possibile continuare ad incrementare la corrispondenza con le esigenze della nostra vita religiosa rosminiana. C’è in molti di noi, inclusi i giovani, la volontà di perseverare e di riprendere vigore nell’impegno di santificazione, di consacrazione, di servizio al Signore nella carità.

            Questa convinzione si è rafforzata anche nell’incontro tra noi della Curia e i Padri Provinciali, che si è tenuto dal 10 al 15 marzo a Isola di Capo Rizzuto. Si è respirato un clima di attenzione all’unità per vincere le sfide, come si preferisce dire oggi, cioè le difficoltà che il nostro tempo presenta. Anche nella visita alle multiformi attività della Parrocchia abbiamo avuto conferma della validità attuale del carisma rosminiano.

            Le forme della carità, tutte e tre connesse tra loro e le prime due subordinate alla terza, permettono a noi rosminiani di vivere uniti anche nelle diverse opere di carità e nelle regioni più lontane le une dalle altre.  

            Il frutto delle giornate impegnate da noi sulle attività dell’Istituto e sulle prospettive vi sarà reso noto con un Comunicato, accompagnato da alcune raccomandazioni.

            Saranno ripresentati brevemente i valori fondanti già accennati sopra, dai quali muovere dei passi avanti, che ci conducano ad offrire al Signore il “sacrificio totale” e gioioso.    

            Concludo questa mia lettera con un appello all’esercizio comunitario della carità da parte di noi rosminiani. L’esempio del papa Francesco che vive molti momenti in comunione di vita semplice nella casa di Santa Marta è eloquente!

            Il bello è che non costituisce una novità!..: e che costituisce… il sogno di Rosmini riguardo all’Istituto quando è chiamato alla cura pastorale nelle parrocchie.

            Rosmini cita l’esempio di S. Gregorio. “Il grande pontefice S. Gregorio intese così bene questa congiunzione (tra la vita pastorale e la vita religiosa, ndr), che volle anche dopo che fu Papa, congiungere nel proprio palazzo la vita pastorale e la vita religiosa, tenendo in esso un convitto di monaci, coi quali egli faceva la vita più comune, che per i suoi grandi affari potesse; <<il che>> dice un pio e dotto scrittore francese, che ha meditato molto sulla disciplina nella Chiesa <<sarebbe stato capace, se avesse trovato abbastanza d’imitatori, di rimettere l’ordine e la disciplina in tutte le chiese del mondo>> (Tomassin). (Cfr. Seconda descrizione dell’Istituto della Carità nel suo ordinamento sociale, n. 47, Charitas, agosto 2013, pag. 186).

 

Più volte il rinnovamento della Chiesa è stato promosso dai religiosi. Questo papa, religioso, ci conferma nella convinzione di avere una missione importante. In vista dell’Anno della Vita Consacrata sentiamo una chiamata speciale a rispondere alle attese di Dio e della Chiesa. Maria nostra “capitana” ci guidi.

Roma, 25 marzo 2014                                              

p. Vito Nardin

preposito generale I.C.

 


[1] le Massime di perfezione cristiana pubblicate nel 1830 a Roma, ma scritte nel 1825-26 col titolo di <<Idea del figliuolo della Carità>> costituiscono il fondamento e il riassunto più sostanziale dell’ascetica rosminiana, che egli si adoperò di attuare nell’Istituto (Pagani-Rossi, vita di Antonio Rosmini, vol I, pag. 804).


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