sussidio maggio 2016

sussidio maggio 2016

Italy1.png “Misericordia io voglio e non sacrifici”
 


Dalla PAROLA di DIO
Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori». (Mt 9, 9-13)

Dai DOCUMENTI della CHIESA
Chiamando Matteo, Gesù mostra ai peccatori che non guarda al loro passato, alla condizione sociale, alle convenzioni esteriori, ma piuttosto apre loro un futuro nuovo. Un tale comportamento non è compreso da chi ha la presunzione di credersi “giusto” e di credersi migliore degli altri. Superbia e orgoglio non permettono di riconoscersi bisognosi di salvezza, anzi, impediscono di vedere il volto misericordioso di Dio e di agire con misericordia. Eppure, la missione di Gesù è proprio questa: venire in cerca di ciascuno di noi, per sanare le nostre ferite e chiamarci a seguirlo con amore. Lo dice chiaramente: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (v. 12). Gesù si presenta come un buon medico! Egli annuncia il Regno di Dio, e i segni della sua venuta sono evidenti: Egli risana dalle malattie, libera dalla paura, dalla morte e dal demonio. Innanzi a Gesù nessun peccatore va escluso, perché il potere risanante di Dio non conosce infermità che non possano essere curate; e questo ci deve dare fiducia e aprire il nostro cuore al Signore perché venga e ci risani. Chiamando i peccatori alla sua mensa, Egli li risana ristabilendoli in quella vocazione che essi credevano perduta e che i farisei hanno dimenticato: quella di invitati al banchetto di Dio…. Se i farisei vedono negli invitati solo dei peccatori e rifiutano di sedersi con loro, Gesù al contrario ricorda loro che anch’essi sono commensali di Dio. In questo modo, sedere a tavola con Gesù significa essere da Lui trasformati e salvati. Nella comunità cristiana la mensa di Gesù è duplice: c’è la mensa della Parola e c’è la mensa dell’Eucaristia (cfr Dei Verbum, 21). Con il primo – la Parola – Egli si rivela e ci invita a un dialogo fra amici. Gesù non aveva paura di dialogare con i peccatori, i pubblicani, le prostitute. No, lui non aveva paura: amava tutti! La sua Parola penetra in noi e, come un bisturi, opera in profondità per liberarci dal male che si annida nella nostra vita. A volte questa Parola è dolorosa perché incide sulle ipocrisie, smaschera le false scusanti, mette a nudo le verità nascoste; ma nello stesso tempo illumina e purifica, dà forza e speranza, è un ricostituente prezioso nel nostro cammino di fede. L’Eucaristia, da parte sua, ci nutre della stessa vita di Gesù e, come un potentissimo rimedio, in modo misterioso rinnova continuamente la grazia del nostro Battesimo. (Papa Francesco, Udienza Generale, 13 aprile 2016)

Dagli SCRITTI del Beato ANTONIO ROSMINI
Dobbiamo persuaderci che qualunque cosa noi facciamo, non potremo mai evitare del tutto i mali della presente vita, o ci vengano questi dalle cose o dalle persone. Le cose talora ci tormentano per disposizione di quella Provvidenza che ci vuole spingere ad amare beni maggiori ed a mettere in questi tutto il nostro affetto; le persone che ci circondano sono purtroppo difettose. Quale uomo può dire d’essere senza peccato? Perciò la divina Scrittura ci insegna che la perfezione consiste nel sopportare i difetti gli uni degli altri. Un largo e generoso compatimento dei difetti del nostro prossimo da una parte è un dovere, dall’altra è il titolo del diritto che acquistiamo di essere compatiti noi stessi, infine è il mezzo indispensabile per conservare la tranquillità e la pace del cuore. Io la esorto dunque, e la prego, di condonare generosamente e dimenticare i torti che potesse aver ricevuti da chiunque e non solo, ma anche di sopportare i difetti delle persone con cui deve convivere, poiché questi non possono essere emendati subito, pensando che sono creature umane e dicendo con cuore dolce e compassionevole: Sono una creatura, nulla di quanto è umano ritengo a me estraneo. Vinca in noi la tranquillità della ragione sopra l’impeto della passione; vinca la luce della verità; vinca la bellezza ineffabile della virtù, di quella virtù sublime che ci ha insegnato con il suo esempio e con le sue parole il nostro Signore Gesù Cristo. Ed ecco il nostro vero amico, ecco il nostro conforto nei dolori e nei dispiaceri dell’animo, la fonte della nostra fortezza. Questo divino amico può abitare con noi, se noi vogliamo, può calmare i tumulti del nostro cuore diffondendovi il soavissimo balsamo della sua carità. Egli è onnipotente, ed altro non esige da noi col suo lume e con la sua virtù se non che a lui ci rivolgiamo, a lui ricorriamo. Ritorni dunque alla pace con Gesù Cristo, ritorni a questa pace consolatrice, e non potrà più avere alcuna guerra con gli uomini; non penserà più che a compatirli, a beneficiarli. Con Dio, con la religione fedelmente praticata, anche l’uomo può tutto, può e deve aspirare anche all’eroismo della virtù. (EC vol. X, lett. 6328, p. 527-528; al Dott. Giovanni Piccardi a Stresa, da Napoli, 13 febbraio 1849)

PREGHIAMO (Sl 3, 3-9)
Molti dicono della mia vita: “Per lui non c’è salvezza in Dio!”.
Ma tu sei mio scudo, Signore, sei la mia gloria e tieni alta la mia testa.
A gran voce grido al Signore ed egli mi risponde dalla sua santa montagna.
Io mi corico, mi addormento e mi risveglio: il Signore mi sostiene.
Non temo la folla numerosa che intorno a me si è accampata.
Sorgi, Signore! Salvami, Dio mio! La salvezza viene dal Signore: sul tuo popolo la tua benedizione.

ANNO PASTORALE 2015 -2016
FORMAZIONE PERMANENTE
ISTITUTO DELLA CARITÀ
SUORE DELLA PROVVIDENZA ROSMINIANE

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