lunedì, 4 novembre 2024
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Italy1.png “L’uomo nuovo, ricreato in Gesù”
 



Dalla PAROLA di DIO
Gesù rispose loro: ”Io sono il pane della vita… Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo… In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.” (Gv 6, 48.51-57)
“4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. 9Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.”
(Gv 15, 4-9)

Dai DOCUMENTI della CHIESA
La celebrazione della Messa è ordinata alla Comunione, cioè a unirci con Gesù. Celebriamo l’Eucaristia per nutrirci di Cristo, che ci dona sé stesso sia nella Parola sia nel Sacramento dell’altare, per conformarci a Lui. Lo dice il Signore stesso: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (Gv 6,56). Infatti, il gesto di Gesù che diede ai discepoli il suo Corpo e Sangue nell’ultima Cena, continua ancora oggi attraverso il ministero del sacerdote. Nella Messa, dopo aver spezzato il Pane consacrato, cioè il corpo di Gesù, il sacerdote lo mostra ai fedeli, invitandoli a partecipare al convito eucaristico. Conosciamo le parole che risuonano dal santo altare: «Beati gli invitati alla Cena del Signore: ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo». Ispirato a un passo dell’Apocalisse – «beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello» (Ap 19,9): dice “nozze” perché Gesù è lo sposo della Chiesa – questo invito ci chiama a sperimentare l’intima unione con Cristo, fonte di gioia e di santità. E’ un invito che rallegra e insieme spinge a un esame di coscienza illuminato dalla fede. Se da una parte, infatti, vediamo la distanza che ci separa dalla santità di Cristo, dall’altra crediamo che il suo Sangue viene «sparso per la remissione dei peccati». Se siamo noi a muoverci in processione per fare la Comunione, in realtà è Cristo che ci viene incontro per assimilarci a sé. C’è un incontro con Gesù! Nutrirsi dell’Eucaristia significa lasciarsi mutare in quanto riceviamo. Ci aiuta sant’Agostino a comprenderlo, quando racconta della luce ricevuta nel sentirsi dire da Cristo: «Io sono il cibo dei grandi. Cresci, e mi mangerai. E non sarai tu a trasformarmi in te, come il cibo della tua carne; ma tu verrai trasformato in me» (Confessioni VII, 10, 16: PL 32, 742). Ogni volta che noi facciamo la comunione, assomigliamo di più a Gesù, ci trasformiamo di più in Gesù. Come il pane e il vino sono convertiti nel Corpo e Sangue del Signore, così quanti li ricevono con fede sono trasformati in Eucaristia vivente. Al sacerdote che, distribuendo l’Eucaristia, ti dice: «Il Corpo di Cristo», tu rispondi: «Amen», ossia riconosci la grazia e l’impegno che comporta diventare Corpo di Cristo. Perché quando tu ricevi l’Eucaristia diventi corpo di Cristo. E’ bello, questo; è molto bello. Mentre ci unisce a Cristo, strappandoci dai nostri egoismi, la Comunione ci apre ed unisce a tutti coloro che sono una sola cosa in Lui. Ecco il prodigio della Comunione: diventiamo ciò che riceviamo!
(Papa Francesco, Udienza Generale Piazza S. Pietro, 21 marzo 2018)

 


Dagli SCRITTI del Beato ANTONIO ROSMINI

Se si guarda all’eccellenza e sublimità di questo divino Sacrificio, essa è tale che neppure in cielo si dà alcun atto di culto più augusto. Che cosa fuori di questo si può cercare o trovare di religioso, di pio, di utile, e buono, e bello, e ricco ed eccelso, che già non sia in esso in modo eminente? Vi è la sorgente di ogni santità, grazia, amore, bellezza ed altezza. Chi vuole essere perfetto nella devozione partecipi bene alla Messa, e gusti degnamente il divino sacrificio: gli parrà ogni giorno nuovo perché imparerà cose nuove e sentirà nuovi affetti, gli parrà sempre più dolce, conoscerà sempre meglio quale distanza ci sia tra questa e le altre devozioni, si sforzerà di penetrare sempre più intimamente in questo atto di culto per incorporarsi meglio alla Vittima che si immola e meglio unirsi alla comunione dei santi che per mano del sacerdote offrono a Dio un dono infinito proporzionato a lui, e imparerà ad adorare Dio in spirito e verità.(1)
Dio ha una comunicazione reale con la sua creatura. Egli fa sentire all’uomo la sua azione, e produce in lui il sentimento di Dio, non solo nell’altra vita in cielo, ma anche in questa per via della grazia. E’ quello che dice S. Paolo:” Quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio sono figli di Dio” e lo spirito di Dio è Dio, come è Dio la carità, al dire di S. Giovanni: “Dio è amore, e chi rimane nell’amore rimane in Dio, e Dio in lui. “ (2)
Conviene fare di tutto per aumentare in voi stessi la Carità di Dio e del prossimo. Questo è il grande segreto: avere Dio sempre presente e l’eterna vita, e stimare nulla il resto. Così si adempie il precetto di Cristo: ”rimanete in me ed io in voi: senza di me non potete far nulla.” Unione dunque con Cristo abituale, continua, cuore a cuore, affetto ad affetto. Egli vi aiuti a tanta opera e diverrete in breve perfetto, come egli desidera che voi siate. (3)
1) Dell’Educazione Cristiana, 184
2) E.C. Vol. IX, lett. 5304, p. 243, al Prof. Alessandro Pestalozza a
Milano, da Stresa, 5 marzo 1845
3) E.C. Vol. IX, lett. 5504, p. 436, al Chierico Pietro Caire a Intra, da
Stresa, 14 dicembre 1845

 

PREGHIAMO

Genti tutte, lodate il Signore,

popoli tutti, cantate la sua lode,

 perché forte è il suo amore per noi

e la fedeltà del Signore dura per sempre.(Sl 117)

ANNO PASTORALE 2019-2020 – FORMAZIONE PERMANENTE
ISTITUTO DELLA CARITÀ
SUORE DELLA PROVVIDENZA ROSMINIANE

 

 

 

 

 

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