venerdì, 11 ottobre 2024
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United_Kingdom1.png Italy1.png L’editoriale : di Suor Lia Coppola

 

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RICORDANDO PADRE GIUSEPPE BOZZETTI

Il 1° giugno scorso si è svolto nella basilica di Porta Latina, a Roma, la giornata di studio e di ricordo di padre Giuseppe Bozzetti nel 60° anniversario della sua morte.

Gli interventi e le relazioni in programma della prima sessione lo hanno presentato come uomo di Dio, santo, maestro di pensiero, poeta della filosofia, interprete e comunicatore di Antonio Rosmini. Una personalità poliedrica di alto livello dunque. A ragione il professor Mercadante, che di Bozzetti ha conoscenza diretta e conserva preziosi segreti circa la sua santità, pone il quesito: “Come mai ce lo siamo perso?”. Sì, perché dopo la sua morte, avvenuta nel 1956, non si è più parlato di lui o raramente. Premessa perché oggi sia un illustre sconosciuto. Lo dice anche la scarsa partecipazione all’incontro: una trentina di addetti ai lavori e un gruppo di Rosminiani e Rosminiane in mattinata, numero quasi dimezzato nel pomeriggio.

In varie relazioni è emerso il cuore del pensiero di Bozzetti: la persona. Da quando scopre in Rosmini che la persona è il diritto sussistente, essa diventa il suo cavallo di battaglia. Prima come ricerca personale per sfatare il credo positivistico, poi per fecondare la cultura del proprio tempo.

Un suo discepolo, Giuseppe Capograssi, in modo semplice spiega il significato di quella definizione. La persona assomma in sé tutti i diritti, che si possono sintetizzare così: “ il diritto alla verità, cioè diritto a conoscere l’essere; il diritto alla virtù, cioè il diritto ad amare tutto l’essere; il diritto alla felicità, cioè il diritto di godere la pienezza dell’essere”.

Un altro suo discepolo e figlio spirituale, il professore Federico Sciacca, afferma di lui: “egli che ci è stato sempre Maestro, ora lo è più che mai. Ha vissuto edificandosi ed edificando, è morto nell’edificazione. I suoi scritti, molto apprezzati vanno dall’ascesi alla letteratura, all’apologetica alla politica. Dove però dà la misura del suo ingegno duttile e chiarificatore è negli scritti di filosofia, impegnati a chiarire, a precisare e ad approfondire il pensiero del suo (del nostro) Antonio Rosmini. (…) Il suo apostolato tra gli intellettuali era di una grande efficacia, il suo prestigio enorme. S’imponeva con la sola presenza: spirava qualcosa da tutta la sua figura che suggeriva stima e rispetto, ammirazione ed affetto, fiducia e confidenza. E si imponeva come si impone la “charitas” autenticamente cristiana: così senza parere, tirandosi indietro con modestia sincera, accompagnata sempre da un sorriso innocente, di bontà verginale, disarmato come l’amore. Sempre misurato ed equilibrato, sempre pronto a vedere il lato buono delle cose. Non pochi, in Italia e all’estero, lo chiamavano “Rosmini vivente”. Aveva un rispetto completo dell’uomo, dei suoi segreti e della sua intimità. Il suo amore era timido e ritroso per vero amore della persona altrui. Ed era qui il grande segreto, per cui quanti abbiamo avuto la ventura d’incontrarlo nella nostra vita, avevamo in lui fiducia e sempre una speranza sicura, un aiuto infallibile che non pesava. Non solo donava, ma sapeva donare”.

Interessante è la sua distinzione tra persona e personalità: “persona indica l’uomo nel suo atto primo, sostanziale. Dicendo personalità si guarda al suo sviluppo, al valore che la persona acquista (e può anche perdere) nell’attuare le sue potenzialità originarie, negli sviluppi della sua esperienza, caratterizzati dalla consapevolezza e dalla libertà”.

Non è facile ridurre a sintesi quanto è stato detto di lui in questa giornata. Nell’insieme si può dire che i vari interventi hanno abbozzato un tuttotondo di superficie, che merita di essere approfondito, perché Bozzetti è risultato essere una miniera da scavare, per portarne alla luce l’immensa ricchezza che nasconde.

A 77 anni, dopo aver preparato e condotto con Sciacca le celebrazioni centenarie della morte di Antonio Rosmini, padre Bozzetti avverte il peso di una grande stanchezza, che confida al giovane amico. Quell’istante Sciacca lo fissa in questa immagine: “il dolce sorriso a labbra chiuse: «Ora posso andarmene». E se ne andò discreto, com’era vissuto”.

Quel sorriso luminoso è rimasto nel cuore di quanti l’hanno conosciuto e che il vescovo di Novara, mons. Gilla Vincenzo Gremigni, dipinge con realismo: un “sorriso che, in ogni frangente, non abbandonava mai il volto, e gli si raccoglieva a festa nelle vivaci pupille”.

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